Sono nato ieri che mi sbigottisce il carabo fuggente, e mi trastullo della cetonia risopita sullo stame, dell’erba, delle pietre lisce? E quel velario azzurro tutto a strisce, si chiama “cielo”? E “monti” questo brullo? Oggi il mio cuore è quello d’un fanciullo se pur la tempia già s’impoverisce. Non la voce così dell’infinito, né mai così la verità del tutto sentii levando verso i cieli puri la maschera del volto sbigottito: “Nulla s’acquista e nulla va distrutto: o Eternità dei secoli futuri!”
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