Vladimir Mayakovsky – To his Own Beloved Self

Franz Von Stuck, Hell, 1908

Four.
Ponderous. The chimes of a clock.
“Render unto Ceasar… render unto God…”
But where’s
 someone like me to dock?
Where to find waiting – a lair?
Were I
 like the ocean of ocean little,
 on the tiptoes of waves I’d rise,
I’d strain, a tide, to caress the moon.
Where to find someone to love
 of my size,
the sky too small for her to fit in?
Were I poor
 as a multimillionaire,
 it’d still be tough.
What’s money for the soul? —
The insatiable.
The gold
 of all the Californias isn’t enough
 for my desires’ riotous horde.
I wish I were tongue-tied,
like Dante
 or Petrarch,
 able to fire a woman’s heart,
 reduce it to ashes with verse-filled pages!
My words
 and my love
 form a triumphal arch:
 through it in all their splendour,
 leaving no trace, will pass
 the inamoratas of all the ages.
Were I
 as quiet as thunder,
 how I’d wail and whine!
 One groan of mine
 would start world’s crumbling cloister shivering.
And if
 I’d end up by roaring
 with all of its power of lungs and more –
 the comets, distressed, would wring their hands
 and from the sky’s roof leap in fever.
If I were dim as the sun,
 night I’d drill
 with the rays of my eyes,
 and also
 all by my lonesome,
 radiant self
 build up the earth’s shivering bosom.
On I’ll pass,
 dragging my huge love behind me.
On what feverish night, delirium-ridden,
 by what Goliaths was I begot –
I, so large
 and so unneeded?

Quattro. Pesanti come un colpo.
“A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”.
Ma uno come me dove potrà ficcarsi?
Dove mi si è apprestata una tana?
S’io fossi piccolo come il grande oceano,
mi leverei sulla punta dei piedi delle onde con l’alta marea,
accarezzando la luna.
Dove trovare un’amata uguale a me?
Angusto sarebbe il cielo per contenerla!
O s’io fossi povero come un miliardario.. Che cos’è il denaro per l’anima?
Un ladro insaziabile s’annida in essa:
all’orda sfrenata di tutti i miei desideri
non basta l’oro di tutte le Californie!
S’io fossi balbuziente come Dante o Petrarca…
Accendere l’anima per una sola, ordinarle coi versi…
Struggersi in cenere.
E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto
le amanti di tutti i secoli.
O s’io fossi silenzioso, umil tuono… Gemerei stringendo
con un brivido l’intrepido eremo della terra…
Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa.
Le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
gettandosi a capofitto dalla malinconia.
Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti
s’io fossi appannato come il sole…
Che bisogno ho io d’abbeverare col mio splendore
il grembo dimagrato della terra?
Passerò trascinando il mio enorme amore
in quale notte delirante e malaticcia?
Da quali Golia fui concepito
così grande,
e così inutile?