Spostato su col gomito un lievito di nebbia,
colava biacca da una fiasca nera
e a briglia sciolta nel cielo
canuto e greve caracollava fra le nuvole.
Nel fuso rame di case stagnate
a stento si contengono i tremiti delle vie,
stuzzicati da un rosso mantello di lussuria,
i fumi diramavano le corna dentro il cielo.
Cosce-vulcani sotto il ghiaccio delle vesti,
messi di seni mature già per il raccolto.
Dai marciapiedi con ammicchi malandrini
frecce spuntate insorsero gelose.
Stormo che a un colpo di tacco
si levi a volo nel cielo
preghiere di altezze presero al laccio Iddio:
con sorrisi da topi lo spennarono
e beffarde lo trassero per la fessura d’una soglia.
L’Oriente in un vicolo le scorse,
più in alto risospinse la smorfia del cielo
e il sole dalla nera borsa strappato fuori
pestò con cattiveria le costole del tetto.
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