Arrabbiati, ti amo arrabbiato e ribelle,
rivoluzione cocente, esplosione.
Ho odiato il fuoco che dorme in te,
sii di brace
diventa una vena appassionata,
che grida e s’infuria.
Arrabbiati, il tuo spirito non vuole morire
non essere silenzio
innanzi al quale scateno la mia tempesta.
La cenere degli altri mi è sufficiente,
tu, invece, sii di brace.
Diventa fuoco ispiratore delle mie poesie.
Arrabbiati, abbandona la dolcezza,
non amo ciò che è dolce
il fuoco è il mio patto,
non l’inerzia o la tregua con il tempo
non riesco più ad accettare la serietà
e i suoi toni gravi e tranquilli.
Ribellati al silenzio umiliante
non amo la dolcezza
ti amo pulsante e vivo come un bambino
come una tempesta, come il destino
assetato di gloria suprema, nessun profumo
può alterare le tue visioni, nessuna rosa…
La pazienza? È la virtù dei morti.
Nel gelo dei cimiteri, sotto l’egida dei versi
si sono addormentati
e abbiamo dato calore alla vita
un calore esaltato,
passione degli occhi e delle gote.
Non ti amo oratore, ma poeta
il cui inno esprime ansia
tu canti, sebbene alterato,
anche se la tua gola sanguina
e se la tua vena brucia.
Ti amo boato dell’uragano
nel vasto orizzonte
bocca tentata dalla fiamma,
disprezzando la grandine
dove giacciono desiderio e nostalgia.
Odio le persone immobili
aggrotta le sopracciglia,
mi annoi quando ridi
le colline sono fredde o calde,
la primavera non è eterna
il genio, mio caro amico, è cupo
e i ridenti sono escrescenze della vita
amo in te la sete eruttiva del vulcano
l’aspirazione della notte profonda
a incontrare il giorno
il desiderio della sorgente
generosa di stringere le otri
ti voglio fiume di fuoco,
la cui onda non conosce fondo.
Arrabbiati contro la morte maledetta
non sopporto più i morti.
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