John Keats- Ode on Melancholy/Ode alla Malinconia

Edward Burne-Jones, Love among the ruins, 1894

No, no, go not to Lethe, neither twist 
       wolf’s-bane, tight-rooted, for its poisonous wine; 
nor suffer thy pale forehead to be kiss’d 
  by nightshade, ruby grape of Proserpine; 
   make not your rosary of yew-berries, 
nor let the beetle, nor the death-moth be 
 your mournful Psyche, nor the downy owl 
a partner in your sorrow’s mysteries; 
  for shade to shade will come too drowsily, 
  and drown the wakeful anguish of the soul. 
But when the melancholy fit shall fall 
 sudden from heaven like a weeping cloud, 
that fosters the droop-headed flowers all, 
and hides the green hill in an April shroud; 
then glut thy sorrow on a morning rose, 
 or on the rainbow of the salt sand-wave, 
  or on the wealth of globed peonies; 
or if thy mistress some rich anger shows, 
 emprison her soft hand, and let her rave, 
  and feed deep, deep upon her peerless eyes. 
She dwells with Beauty—Beauty that must die; 
  and Joy, whose hand is ever at his lips 
bidding adieu; and aching Pleasure nigh, 
 turning to poison while the bee-mouth sips: 
ay, in the very temple of Delight 
  veil’d Melancholy has her sovran shrine, 
   though seen of none save him whose strenuous tongue 
can burst Joy’s grape against his palate fine; 
his soul shalt taste the sadness of her might, 
  and be among her cloudy trophies hung. 

No, no, non precipitarti verso il Lete; non trarre vino velenoso
dall’aconito, torcendo le sue saldi radici, no
non lasciare che la tua pallida fronte sia baciata
dal rosso grappolo di Proserpina, la belladonna;
no, il tuo rosario non fare con le bacche del tasso,
né la tua lamentosa Psiche siano lo scarabeo
o la falena della morte; non condividere
col gufo piumato i misteri del tuo dolore,
che troppo assonnata l’ombra verrà all’ombra
ad annegare la vigile angoscia dell’animo.
Ma quando dal cielo improvviso l’attacco cadrà
di malinconia, come una nuvola in pianto
che tutti i fiori nutre dal languido capo
e il verde colle nasconde in un sudario d’aprile,
sazia allora il tuo dolore con una rosa mattutina,
sazialo con l’arcobaleno dell’onda salata di sabbia
o con la ricchezza delle tonde peonie.
e quando mostri alla tua amante una ricca ira,
la sua dolce mano imprigiona; lasciala delirare
mentre tu ti nutri e ti sazi dai suoi occhi senza pari.
Sì, abita con la bellezza, lei, con la bellezza che deve morire;
e con la Gioia, che sempre una mano tiene sulle labbra
per augurare addio: e vicino al Piacere, che fa soffrire,
e si tramuta in veleno mentre come un’ape succhia la bocca:
sì, nel tempio stesso del Diletto
ha il suo santuario sovrano la velata Melanconia,
anche se nessuno la scorge se non quello la cui strenua lingua
schiaccia il grappolo della Gioia sul palato da intenditore:
assaggerà allora l’anima sua la tristezza di quel potere
che la farà rimanere sospesa tra i suoi nebulosi trofei.